La giovane cantante americana Christina Grimmie, resa famosa da The Voice Americ”, aveva inciso nella carne un tatuaggio per non dimenticare mai ciò cui più teneva, temendo che in quel mondo di lustri e successo l’amore della sua vita, colui per cui cantava, passasse in secondo piano: “Tutto è vanità”. Persino la morte, che l’ha raggiunta troppo prematuramente per mano di un suo fan, Kevin James Lobi, che le ha sparato e nel cui computer la polizia ha trovato frasi d’odio contro i cristiani.
Per questo, gli inquirenti stanno seguendo la pista dell’odio religioso. L’assassino, che poi si è ucciso, avrebbe voluto sparare sulla folla e se non fosse stato per il fratello della cantante, che lo ha fermato, avrebbe trucidato decine di persone. «Solo in Cristo si trova la mia speranza», cantava con una voce angelicamente potente, in un corpo di adolescente. Per chi le chiama coincidenze, il fatto è avvenuto proprio nella stessa città e appena il giorno prima della strage di Orlando. Ma mentre tutto il mondo, e persino la Chiesa, accusava la cultura cristiana di fomentare l’odio “omofobico” (nonostante il killer fosse legato al fondamentalismo islamico e nello stesso tempo frequentasse locali omosessuali), sull’omicidio della cantante nessuno spendeva una parola.
Neppure il religioso di Tampa, che invece non ha perso occasione di parlare della sparatoria al PulseClub dando la colpa alla religione, «inclusa la nostra». Ma quale odio c’era nelle canzoni e nelle affermazioni di una fedele come Christina? «La fede cristiana», scriveva sul suo sito, «è l’unica religione al mondo non incentrata su un insieme di norme, bensì su una relazione personale. Mentre le altre religioni dicono: “Fai questo”, “obbedisci”, “di questa preghiera”, “sacrifica” in modo da trovare la luce e la vita, Gesù dice soltanto: io sono la via, la verità e la luce…Gesù è l’unico che ci può salvare. L’unico che ha preso su di sé le nostre pene».
Non c’è nulla di più liberante e inclusivo di questo invito che Christina non si vergognava di rivolgerea tutti, opportunamente o non, sebbene l’industria della musica non sia certo tollerante a certe esternazioni. «Lui è la mia luce, la mia forza, la mia canzone, questa pietra angolare, questa terra ferma. Il mio consolatore, il mio Tutto in tutto, qui nell’amore di Cristo, io sto», cantava nel single “In Christ alone”. E questo amore si vedeva anche quando non si esibiva, perché già giovanissima «amava le persone e voleva davvero lasciare un segno nel mondo con il dono che aveva ricevuto. Ogni persona che la incontrava si sentiva benedetta». A scriverlo, in occasione del funerale, sono stati i suoi parenti.
Selena Gomez, altro astro nascente della musica pop, ha confermato che «la caratteristica di Christina e della sua famiglia era il suo rimanere così legata alla fede». Suo fratello Marcus, dopo aver impedito la strage, ha rimarcato che l’amore per Dio la portava a valorizzare tutto e tutti, infatti, «amava la sua città. Amava il suo Stato. Amava cantare». È paradossale pensare che proprio lo scudo che indossava contro la “vanità”, come lei definiva biblicamente la “mondanità”, sia probabilmente la causa della sua morte precoce. Ancor di più se si pensa che il suo manager, Brian Teefy, aveva sempre lavorato al suo fianco «proteggendola dalle trappole associate al business della musica». Eppure, per Christina, «sempre intenta a parlare della sua fede», come ha confermato T.J. Wilkins, concorrente di “The Voice”, non c’era altro motivo per cui valesse la pena spendersi e sacrificarsi del «suo amore per Gesù».
E il motivo lo ha spiegato lei stessa con parole che fanno rabbrividire per la forza con cui giudicano la posizione remissiva dei cristiani, accusati di fomentare odio il giorno successivo alla sua morte: «Fatico a pensare che molti di quelli che si dicono cristiani riuscirebbero ad essere facilmente identificati da coloro che non hanno fede. In America ci siamo dimenticati che cosa significa essere “seguaci di Cristo”». Ma «agli apostoli…non era chiesto di vivere una fede intimista nel loro cuore riguardo alla verità su Cristo. Dobbiamo capire che se davvero abbiamo una relazione con il nostro Salvatore, allora dobbiamo obbedirgli. Non riesco a capire chi conosce davvero Cristo e non desidera adempiere a tutti i comandamenti, eppure vediamo milioni e milioni di persone così in America. Ed è spaventoso…i cristiani modellano la loro fede a seconda delle proprie preferenze culturali. Gesù è diventato uno strumento di soddisfazione personale».
Motivo per cui, quando viene attaccato, nessuno si scomoda o rischia l’odio per opporsi al mondo.Peccato che, come ha sottolineato Christina, «Gesù era un tipo molto radicale. Ribaltava tutte le mode», perché, «ricordiamoci, il cristianesimo è la relazione con una persona, non una lista di cose da fare. Ma quando ami davvero qualcuno, tu tendi a fare ciò che dice». Così e vissuta Christina e così è morta a 22 anni. Convinta che «anche se dovessimo perdere la nostra vita, non c’è nulla di più importante che seguire Gesù».